Da tempo è annunciato un nuovo prossimo boom del fotovoltaico su larga scala sia in Italia che in Europa.
La ragione risiede in una serie di fattori che vanno dal crollo del costo degli impianti solari, al ritorno degli incentivi (almeno in Italia, come annunciato dal decreto rinnovabili Fer1), fino al desiderio di aziende e acquirenti all’ingrosso di elettricità di stipulare contratti per avere forniture di energia non solo a prezzo competitivo e costante, ma possibilmente anche verde, per poter usare questa caratteristica anche come strumento di marketing.
Questo nuovo fotovoltaico su grande scala si distinguerà da quello della stagione del boom degli incentivi per un importante aspetto tecnico: «Credo che almeno l’80% dei nuovi grandi impianti a terra, sarà dotato di un sistema di tracking, che porta i pannelli a muoversi, per ottenere in ogni momento della giornata la migliore illuminazione possibile». Questo è ciò che dice l’ingegnere Mauro Moroni della Moroni e Partner, specializzata in engineering, technical advisory e asset management.
Quando si parla di fotovoltaico con tracking, a molti verranno in mente quegli strani impianti fotovoltaici, in cui i moduli erano montati a gruppi , su alte colonne, che li facevano girare su 2 o 3 assi, in modo che puntassero sempre esattamente nella direzione del sole, in ogni momento della giornata e in ogni stagione. A dire il vero, questi si distinguono anche per avere spesso uno o più gruppi di pannelli che puntano fissi una qualche strana direzione… a causa di guasti.
«E infatti, quel tipo di tracking ormai è stato quasi del tutto abbandonato», spiega l’ingegner Attilio Piattelli, vicepresidente dell’associazione Italia Solare e fra i fondatori del gruppo SunCity Technologies.
«Troppo complicato e costoso, richiede molto spazio per i problemi di ombreggiamento reciproco fra pannelli posti così in alto e tanta manutenzione. Sono stati sperimentati al tempo degli incentivi, perché allora i margini erano più ampi, ma ora che il fotovoltaico deve affrontare il mercato è stata selezionata la soluzione di tracking più semplice, affidabile ed economica: quello monoassiale».
Nel tracking monoassiale, in pratica, ogni singolo pannello, posto orizzontale o inclinato verso sud come quelli fissi, è montato su un perno, che gli permette di ruotare in un’unica direzione, da est ad ovest.
Ma il tracking monoassiale può essere sempre utilizzato?
«No, non è proprio per tutti. Prima di tutto richiede un terreno pianeggiante e non accidentato, visto che i pannelli devono essere tutti sullo stesso piano e in file rettilinee, per essere mossi. Secondariamente bisogna considerare le condizioni locali: il tracking monoassiale diventa via via meno efficiente salendo di latitudine, perché questo fa aumentare la differenza nell’altezza del sole nelle varie stagioni. Inoltre, ovviamente, il tracking in generale serve a poco dove il tempo è molto nuvoloso e quindi per lunghi periodi non c’è un sole da seguire in cielo», spiega Piattelli.
«C’è infine un altro fattore da considerare nell’adozione del tracking: si sposa molto bene con l’accumulo a batterie. Grazie a esso, infatti, la produzione solare durante il giorno diventa più “piatta”, e questo consente una ricarica degli accumulatori più costante, sottoponendoli a un minore stress. Uno dei maggiori progetti che stiamo seguendo in Italia, un impianto da 20 MW in Sicilia che dovrebbe entrare in funzione entro il 2021, comprenderà sia tracking che accumuli per 5 MW/MWh», conclude Moroni.
Fonte: QualEnergia.it
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